Il coronavirus è tutt’altro che un’invenzione circoscritta drammaticamente al Belpaese, comincia a mietere vittime in numero importante anche altrove nel mondo e non soltanto nella Vecchia Europa.
Naturalmente essere i primi nelle tragedie non è un primato di cui andare fieri, ma può avere, non dico vantaggi, forse più di un aspetto positivo. A cominciare dalla speranza che, essendo cominciata prima, da noi, l’emergenza sanitaria magari terminerà anche prima. Sicché il dibattito politico interno, ora, ben oltre le problematiche quotidiane della gestione sanitaria, si è spostato inevitabilmente sul terreno non meno grave dell’emergenza economica che intanto comincia a farsi sentire.
Sul punto, un aspetto è bene sottolinearlo subito: l’Italia è stata timida, molto timida nel mettere in campo risorse finanziarie per affrontare la doppia emergenza, sanitaria ed economica. Secondo un rapporto della Banda d’America, infatti, è undicesimo nella classifica degli interventi previsti, dove in testa ci sono gli Usa con 2.158 miliardi, seguiti dalla Cina (718,4), Germania 611,1), Francia (380), UK (38,7) e, all’undicesimo posto, appunto, il Belpaese con appena 27,8 mld.
Certo, l’Italia ha un limite di spesa oggettivo, condizionato per un verso dalla crescita (lo scorso anno il Pil ha registrato un risibile 0,2%) per l’altro dal debito (sempre lo scorso anno di 2.380,6 miliardi, vale a dire 134,8% del Pil). Ma questo non vuol dire. La pandemia – il giudizio di economisti e politici è unanime – ha generato una economia da guerra che nulla ha da spartire con la gestione delle risorse del Paese. Ed è in questo senso che ora bisogna agire.
Ora, è evidente che nella situazione attuale non soltanto l’Italia, ma l’intero globo, ha bisogno di uno sforzo finanziario notevole ed urgente da mettere in campo, che va ben oltre la timida somma ipotizzata dal governo (corretta a 60 miliardi). E, soprattutto, che non può dipendere dalla stucchevole e interessatissima (letteralmente, ma solo per alcuni Paesi della cosiddetta Unione Europea, Germania in testa) discussione che a Bruxelles o a Strasburgo stanno intanto facendo circa lo strumento da utilizzare. Come dire: mentre il medici discutono…
Strumento – inutile aggiungere – che non può essere il pernicioso Mes (Meccanismo europeo di stabilità) per ovvi motivi che è addirittura inutile ripetere. Ma dovrebbe essere, semmai, la Banca centrale europea, al pari di quello che stanno facendo in altri paesi le rispettive banche centrali, posto, tuttavia, che la Bce non sia lo strumento ”anomalo” impostoci dalla grande finanza, e supinamente subito dalla classe politica irresponsabile, insipiente ed inconsistente che ha governato il Belpaese negli ultimi trent’anni.
(Vedo, sento e leggo, peraltro, già le giravolte di molti di questi alla stregua di quel professorone del Sacchi di Milano, dei sindaci, dei presidenti delle regioni maggiormente colpite e che appena un mese fa parlavano della pandemia come di una semplice benché più seria influenza).
Insomma, se l’Italia non avesse inopinatamente ceduto la propria sovranità nella costruzione di una istituzione sovrannazionale, unitaria solo a parole e che, in tutta evidenza, oltre a non essere solidale, non aiuta i suoi concittadini, ma anzi li impoverisce (il caso della minuscola Grecia grida ancora vendetta); se l’Italia fosse ancora un Paese orgogliosamente autonomo e sovrano, ora utilizzerebbe tutti gli strumenti che la politica economica e monetaria di emergenza sarebbe in grado di metterebbe a disposizione, per ricostruire sulle rovine create dalla guerra, sissignori dalla guerra al coronavirus.
Insomma, il tutto per dire che una Europa unita, veramente unita politicamente ed economicamente, e nel cui seno si ritrovano peraltro tre delle principali potenze economiche mondiali (Germania, Francia e Italia, appunto), una Europa siffatta, sorretta da ideali, poteri e strumenti di uno stato federale, a cominciare da una vera Banca centrale, avrebbe poco o nulla da temere da questa sciagura, una volta passata la tempesta.
Ma così non è. E, dunque, permanendo questo stato di cose, sarebbe il caso di prenderne definitivamente atto ed agire di conseguenza. Subito. Già da domani.
E sapete perché? Perché, al colmo del paradosso, ciò che all’attuale Bce è precluso nei confronti degli Stati comunitari di cui non può finanziare il debito pubblico, non è vietato fare nei confronti dei privati.
Un esempio per tutti. Il più recente, ma anche il più eclatante. Non è passato molto tempo infatti (era il novembre scorso e a Pechino già si era alle prese con il Covid 19, evidentemente) da quando la Bce – per statuto “indipendente” dalla politica – ha finanziato il miliardario francese Bernard Arnault, attraverso la società LVMH, per diventare il nuovo proprietario della Tiffany & Co., che com’è noto è il leader americano della vendita di gioielli, non proprio un produttore di vaccini o di pane.
Di più: nell’operazione (16 miliardi di dollari) lo straricco francese non soltanto è stato lautamente finanziato, ma grazie ai rendimenti negativi di parte delle obbligazioni, ci ha addirittura guadagnano. Infatti, come ha scritto Marcus Ashworth su Bloomberg (“L’uomo più ricco di Francia riceve un pasto gratis dalla BCE”) in questa operazione le azioni non sono neppure state lanciate come “green bonds”, sicché il miliardario francese può ringraziare la BCE per almeno due motivi. Il primo è il riavvio del programma di acquisto di obbligazioni di società private CSPP (Corporate Sector Purchasing Program) da 189 miliardi di euro della BCE, che ha contribuito a ridurre i credit spread a livelli sempre più bassi e in molti casi portandoli – come detto – a livelli negativi; il secondo è che gli investitori pagano non gli stati sovrani, ma le società private per prendere i loro soldi.
Ecco, se questa è l’Europa Unita meglio, molto meglio farne a meno.
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