Le principali Borse europee hanno aperto la seduta in leggero rialzo e, a mattinata inoltrata, ormai, continuano a muoversi in territorio positivo con la sola eccezione di Parigi. Dunque, il FTSE MIB segna +0,46%, il Dax30 di Francoforte (ieri chiuso per festività) lo 0,08%, il Ftse100 di Londra lo 0,13%, l’Ibex 35 di Madrid + 0,52, il Cac40 di Parigi - 0,04%.
Da aggiungere che la giornata è caratterizzata da pochi dati macroeconomici e, soprattutto, dall'attesa del conferimento del mandato da parte del Capo dello Stato italiano a Giuseppe Conte, il premier proposto dalla coalizione Movimento 5 Stelle e Lega.
In proposito, da registrare ancora tensioni sullo spread in avvio di seduta, anche se poi poi c’è stato il recupero. Il rendimento del BTP decennale tocca il 2,51% e lo spread sul Bund si è spinto fin sui 196 bp (massimi dalla scorsa primavera) per poi ripiegare sui 178.
Ieri l'agenzia di rating Fitch, inoltre, ha scritto che il contratto di governo tra Lega e M5S incrementa i rischi per il profilo di credito sovrano del Paese, soprattutto a causa dello scarso rigore delle politiche fiscali e dei potenziali danni alla fiducia. La misura in cui questi rischi andranno a impattare sulle metriche di credito è incerto e dipenderà dalla capacità del governo di mettere in atto il programma e da come risolverà i trade-off presenti nello stesso.
Tornando alle borse, il mercato azionario giapponese ha chiuso in leggero ribasso con il Nikkei 225 a -0,18%.
Deboli anche le borse cinesi deboli: l'indice CSI 300 di Shanghai e Shenzhen ha terminato a + 0,02% mentre Hong Kong è rimasta chiusa per festività.
A Sydney a fronte delle perdite di minerari e finanziari solo i petroliferi guadagnano terreno ed è di un netto 0,60% la contrazione dell'S&P/ASX 200 al termine degli scambi.
I future sugli indici azionari americani sopra la parità: S&P 500 +0,1%, NASDAQ 100 +0,1%, Dow Jones Industrial +0,2%.
Ieri la Borsa di New York ha chiuso la prima seduta della settimana grazie ai positivi sviluppi sul fronte delle relazioni commerciali tra Usa e Cina e ad alcune operazioni di M&A. Il Dow Jones ha guadagnato l'1,21%, l'S&P 500 lo 0,74% e il Nasdaq Composite lo 0,54%. L'indice delle blue chip è tornato sopra quota 25 mila punti.
Sul mercato valutario al momento l'Euro è scambiato a 1,1821 dollari.
Sempre sul fronte valutario, il Bloomberg Dollar Spot Index, paniere che monitora la divisa americana nei confronti delle altre dieci principali monete, è sostanzialmente invariato e il parallelo rafforzamento dello yen sul biglietto verde ha contribuito – come detto – al rallentamento di Tokyo.
Nel corso del suo intervento semestrale davanti al Parlamento nipponico, Haruhiko Kuroda, governatore della Bank of Japan (BoJ), ha dichiarato che l'istituto centrale del Sol Levante comunicherà ai mercati come prevede di uscire dalle sue aggressive politiche di allentamento monetario quando le condizioni per il raggiungimento dei target sui prezzi si saranno rafforzate. Secondo Kuroda, infatti, un dibattito sulla fine del massiccio piano di stimolo è prematuro.
NEWS
Giappone: a maggio inflazione core BoJ scesa allo 0,5% annuo
Ulteriore declino per l'inflazione core del Giappone stilata dalla Bank of Japan (BoJ), scesa in maggio allo 0,5% annuo dallo 0,7% di aprile (0,8% in febbraio e marzo). Il dato è anche peggiore rispetto allo 0,7% atteso dagli economisti. Settimana scorsa il ministero nipponico di Affari Interni e Comunicazione aveva comunicato che l'inflazione core del Sol Levante (al netto degli alimenti freschi e benchmark su cui la BoJ ha il target del 2%) era scesa ulteriormente in aprile allo 0,7% annuo nel secondo declino consecutivo dopo quello di marzo, che era stato il primo da quando il Giappone era uscito dalla deflazione a inizio 2017.
Giappone: in aprile vendite supermarket calate dell'1,2%
Secondo i dati preliminari diffusi dalla nipponica Chain Stores Association, in aprile le vendite nei supermarket del Giappone sono calate dell'1,2% annuo contro il progresso dello 0,8% di marzo. Su base rettificata la lettura è invece per una contrazione dello 0,3% annuo, contro il declino dello 0,1% di marzo. Su base sequenziale le vendite nei supermarket sono cresciute dello 0,1% dopo il balzo del 10,0% di marzo.
Per Bostic (Fomc) inflazione Usa sopra al 2% per un po'
Secondo Raphael Bostic, president della Federal Reserve (Fed) di Atlanta, anche con l'attuale politica dell'istituto centrale di Washington di graduale stretta sui tassi d'interesse l'inflazione Usa è destinata verosimilmente a muoversi "sopra al 2% per un certo periodo di tempo". "Mentre i prezzi sono già efficacemente sui target, non mi sorprenderei di vedere un modesto superamento del nostro obiettivo a più lungo termine", ha sottolineato parlando lunedì presso l'Atlanta Economics Club. "In realtà, la mia previsione è che, anche con un'ulteriore graduale rimozione degli accomodamenti di politica monetaria, l'inflazione rischia di andare per un po' oltre il 2%", ha aggiunto. Bostic, quest'anno membro votante del Federal Open Market Committee (Fomc, la commissione della Fed che si occupa di politiche monetarie), ha dichiarato di privilegiare in questa fase altri due rialzi dei tassi nel 2018 (in linea con l'outlook della stessa Fed in occasione del primo aumento deciso in marzo), dopo che in precedenza questo mese si era detto aperto anche a salire a quattro interventi complessivi.
Kashkari (Fed) preoccupato da rialzo tassi troppo aggressivo
Neel Kashkari, president della Federal Reserve (Fed) di Minneapolis da inizio 2016, si è detto preoccupato per l'ipotesi che l'istituto centrale di Washington possa farsi più aggressivo nel rialzo dei tassi d'interesse, spingendo l'economia Usa in recessione. "Non esageriamo", è stato il suo commento lunedì nel corso di un incontro a Escanaba, in Michigan, in cui ha anche indicato come permanga debolezza nel mercato del lavoro, ricordando che il tasso di disoccupazione registra solo quanti stanno attivamente cercando un lavoro e quindi il 3,9% di aprile (prima volta da inizio millennio che il tasso di disoccupazione scende sotto al 4,0% in Usa) potrebbe non "catturare la vera debolezza del mercato". I salari, ha aggiunto inoltre, crescono in media del 2,7% annuo contro il 3,5% di prima dello scoppio della crisi finanziaria. "Se vedessimo gli stipendi salire potremmo reagire allora", ha dichiarato Kashkari, che nel 2018 non è membro votante del Federal Open Market Committee (Fomc, la commissione della Fed che si occupa di politiche monetarie). In conclusione, Kashkari ha spiegato di appoggiare rialzi dei tassi Usa solo fino al raggiungimento di una politica neutrale e sconsigliato dal "muoversi con eccessiva fretta".
Harker (Fed) vede altri due o tre aumenti dei tassi nel 2018
Secondo Patrick Harker, president della Federal Reserve Bank (Fed) di Philadelphia, la crescita dell'inflazione Usa significa che l'istituto centrale di Washington dovrebbe aumentare i tassi d'interesse altre due o tre volte quest'anno e il prossimo rialzo potrebbe arrivare già nel meeting di 12 e 13 giugno del Federal Open Market Committee (Fomc, la commissione della Fed che si occupa di politiche monetarie). Harker, che quest'anno non è membro votante del Fomc, in aprile aveva aperto la porta a tre rialzi complessivi nel corso del 2018, a partire da quello deciso in marzo, già con un cambio di passo visto che in febbraio indicava in due gli aumenti da lui ritenuti congrui. "È possibile che assisteremo a un'accelerazione dell'inflazione e quindi potrei appoggiare un terzo", ha spiegato.
Kuroda (BoJ) ritiene prematuro dibattito su fine allentamento
Nel corso del suo intervento semestrale davanti al Parlamento nipponico, Haruhiko Kuroda, governatore della Bank of Japan (BoJ), ha dichiarato che l'istituto centrale del Sol Levante comunicherà ai mercati come prevede di uscire dalle sue aggressive politiche di allentamento monetario quando le condizioni per il raggiungimento dei target sui prezzi si saranno rafforzate. Secondo Kuroda, infatti, un dibattito sulla fine del massiccio piano di stimolo è prematuro. "Per ora non pensiamo che le condizioni permettano di prendere in considerazione tempi specifici per un'uscita", ha precisato, aggiungendo che la BoJ non cambierà le sue politiche prima che l'inflazione raggiunga il 2% (target su cui per altro l'istituto ha rinunciato lo scorso mese a una scadenza). Kuroda si è anche detto consapevole della necessità di tenere conto degli effetti collaterali del suo massiccio stimolo, mentre la BoJ "mantiene pazientemente" l'allentamento monetario.
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