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Immagine del redattoreAntonio Arricale

MERCATO ORSO E CORONAVIRUS, LA GRANDE TRAPPOLA DELLE MANI FORTI



C’è qualcosa che non torna nella babele di voci che assordano la piazza della pandemia da coronavirus. Ovviamente, non dal punto di vista della gestione dell’infezione, che è materia di medici e specialisti, nella quale non intendo assolutamente metter bocca, e del governo centrale del Paese, alle cui decisioni mi limito a rispondere: obbedisco.

Le cose che non tornano, invece, riguardano i conti, anzi, i soldi, nello specifico i movimenti finanziari, che con la pandemia pure sembrano avere un rapporto molto stretto e talvolta apparentemente contraddittorio. Nel senso, cioè, che la paura – più quella indotta che quella reale – dell’infezione globale sembra direttamente correlata o comunque funzionale a precise logiche di manipolazione del mercato. Insomma, della grande speculazione finanziaria.

Il caso più recente, ma anche più eclatante, è la dichiarazione di ieri del presidente della Bce (Banca centrale europea) Christine Lagarde, le cui parole hanno fatto precipitare le borse di mezzo mondo e quasi affondata Piazza Affari. Milano ha perso, come si sa, in una sola seduta quasi il 17%.

Un passato da direttore del Fondo monetario internazionale e più volte ministro in Francia, insomma con una solida esperienza sia finanziaria che politica alle spalle, della Lagarde tutto vien da pensare tranne che sia una donna poco avveduta. E però le sue parole (“Noi non siamo qui per accorciare gli spread. Non è questa la funzione né la missione della Bce”) difficilmente potranno essere rubricate come una semplice gaffe. Ma non è questo, ora, il punto.

La riflessione che qui intendo proporre, invece, è che sotto la voce “terrorismo mediatico” si possono ricondurre, ormai, i più significativi punti di svolta dei mercati, vale a dire i momenti di passaggio dalla fase di distribuzione della ricchezza ad una nuova fase di accumulazione. O, se si preferisce, ad una nuova fase di acquisto di risorse e mezzi a prezzi praticamente “stracciati”. Quella che in gergo, appunto, viene definita “bear market”, mercato orso, che è appunto la fase che stiamo vivendo.

Rafforzo questo pensiero, peraltro, dalla lettura dell’analisi periodica di Neo (Numbers equities options), società napoletana di Financial analysis & consultingmolto giovane, ma che gode già di ottima reputazione.

Neo, infatti, ha analizzato cento anni di borsa focalizzandosi sulle principali crisi dell’ultimo secolo (quella del ‘29, del ’62-’63, del ’74, dell’’86 e del ’98, del 2001 e 2008) per sottolineare che tutti i cicli economici caratterizzati da forti rialzi (quello attuale è in espansione da circa 128 mesi, oltre 10 anni) hanno collassato sotto la spinta di fattori psicologici indotti (“panic sell”), vale a dire di un vero e proprio bombardamento mediatico costituito, oggi diremmo, da “fake news” o comunque notizie negative ingigantite e riproposte oltre ogni limite. Fu così al tempo del tracollo (anche, allora, era un giovedì) del 1929, all’epoca del clima di guerra fredda seguita all’assassinio di Kennedy, della crisi petrolifera nel ’74, dei sistemi informatici degli anni Ottanta, dello spettro della crisi asiatica del ’98, quindi del terrorismo dell’11 settembre e del fallimento della Lehman Brothers.

Si diceva, tuttavia, che qualcosa non torna rispetto al clima di terrore mediatico che si accompagna al coronavirus e che colpisce in modo particolare il Belpaese. Infatti, fa notare sempre Neo, facendo un raffronto della diffusione del coronavirus tra Cina e Italia (si veda il sito www.vorldometeters.info), e cioè facendo le debite proporzioni tra il bacino di un miliardo e 386 milioni di abitanti del primo paese e gli appena 60 milioni del secondo, è evidente il dato che emerge, di un contagio che è almeno il doppio. Confronto che non si giustifica razionalmente. E se mettiamo in relazione l’incidenza dei decessi italiani rispetto alla situazione di Germania, Francia e Spagna che pure non sono immuni dal contagio del Covid-19, la domanda che inevitabilmente ci si pone è la seguente: o l’Italia ha individuato qualcosa che è sfuggito al resto del mondo, oppure stiamo gestendo male l’emergenza. A meno di una terza ipotesi: qualcuno spinge mediaticamente al ribasso il mercato. E non possono non essere che loro: le mani forti. Al solito.

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