Per la CGIA di Mestre la Lombardia è in testa alla classifica, la Calabria è ultima. In termini assoluti è vero, salvo scoprire che…
Gettito fiscale, le regioni del nord versano nelle casse comuni dello Stato molto di più rispetto a quelle meridionali.
Lo afferma La Cgia di Mestre nel solito puntuale e preciso rapporto, che tuttavia – questa volta – tradisce un tempismo non proprio casuale, ma anzi decisamente sospetto. Insomma, considerata la crisi politica che attanaglia il Paese, da tutti gli osservatori visto ormai ad un passo da nuove elezioni anticipate (per non dire sul baratro) a poco più di un anno dalle precedenti votazioni; e considerato che la crisi è stata innescata dalla Lega, che dell’autonomia regionalistica – in testa i governatori di Lombardia e Veneto – ha fatto un punto immodificabile del cosiddetto contratto di governo con il M5S; il rapporto, dicevo, dell’associazione degli artigiani di Venezia-Mestre è la conferma di una precisa scelta di campo. E ci sta, non mi scandalizzo. I sindacati (o le corporazioni, se preferite) puntano, per definizione, alla conservazione degli interessi (o privilegi) dei propri associati. Anzi, a migliorarli.
Certo è, tuttavia, che un sano egoismo di categoria non dovrebbe mai cozzare con le leggi dello Stato, in primis con la Costituzione. Ma questo il rapporto della Cgia non lo dice, né di questo aspetto sembra preoccuparsene più di tanto. Ma ci arriviamo fra poco.
Veniamo intanto alle cifre. Sulla base dei dati del 2017, i cittadini lombardi sopportano il carico maggiore, versando al fisco una media di 12.297 euro fra tasse, imposte e tributi. La Calabria, invece, è la Regione che paga meno: ogni residente del territorio contribuisce mediamente per 5.516 euro, poco più della metà della metà della media nazionale che è di 9.168 euro.
A pagare molto, ovviamente, sono anche i valdostani, con 11.480 euro, e gli abitanti del Trentino-Alto Adige con 11.297 euro. Seguono i cittadini dell’Emilia Romagna con 11.252 euro.
In generale, i cittadini del Nord pagano 11.000 euro di tasse, quelli del Centro ne pagano 10.134 e quelli del Meridione solo 6.039.
Attenzione: per salvarsi l’anima gli economisti della Cgia di Mestre incidentalmente fanno più di una precisazione e alla fine argomentano fino al punto da dire che la “riforma” leghista non va affossata con la crisi di governo, ma estesa a tutto il territorio nazionale, dato che dal provvedimento – grazie all’effetto di trascinamento che ridurrà la spesa pubblica e innalzerà la qualità dei servizi erogati ai cittadini – anche le regioni del sud ne gioverebbero.
Può darsi. Per quanto mi riguarda, i guai economici dell’Italia sono emersi con la nascita delle regioni. Dunque, andrebbero senz’altro abolite. Ma non mettiamo altra benzina sul fuoco della polemica. Limitiamoci pertanto a sottolineare alcuni aspetti.
1) Il rapporto della Cgia non mette in relazione le profonde differenze che esistono tra nord e sud in termini di ricchezza. A fronte di una popolazione superiore di soli 9 milioni di persone, infatti, il Nord ha il 52% degli occupati contro il 26,6% del Sud. Un rapporto, ovviamente, che tale resta anche in termini di reddito pro capite.
2) A ben vedere – calcolato sempre in termini percentuali il gettito che va al governo centrale – fra regioni settentrionali, centrali e meridionali la differenza è pressoché inesistente. Le prime infatti versano meno dell’85% delle risorse, quelle del Sud l’81% per una media nazionale dell’84%. Solo il restante 16% va alle amministrazioni locali. Finanche la Sicilia, Regione a statuto speciale spesso accusata di usare male i propri fondi, è in linea con la media.
3) Nel 2018 (cfr. una esaustiva nota di Marco Esposito, valente giornalista del Mattino, postata mercoledì scorso su Facebook) nel sud si sono registrati 102 euro di investimenti in opere pubbliche, nel centro-nord invece 287 euro.
4) Il sistema tributario italiano è basato sulla progressività. Dove il livello di reddito è maggiore, “grazie a condizioni economiche e sociali migliori, anche il gettito tributario presenta dimensioni più elevate che altrove”. Una situazione che si riflette anche sulla qualità dei servizi erogati, in primo luogo di sanità e istruzione.
In conclusione, non soltanto non è “onestamente” vero che il nord paga più tasse rispetto al sud, ma se ne ricava che – in questo scenario – la tanto decantata “flat tax” sarebbe non soltanto anticostituzionale, ma anche profondamente ingiusta e ulteriormente divisiva. Diversa cosa sarebbe, invece, se ci si fosse limitato a parlare della necessità di procedere alla semplificazione fiscale.
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