Le Borse europee provano il rimbalzo, dopo l'effetto Facebook che ieri ha affossato Wall Street. Londra sale dello 0,41% a 7.071,68 punti. A Milano avanza dello 0,04% a 22.641 punti. Francoforte avanza dello 0,37% a 12.261,19 punti e Parigi dello 0,18% a 5.232,12 punti.
Facebook ha chiuso a -6,8% ieri a Wall Street. Ad affondare il titolo sono state le notizie su Cambridge Analytica, che avrebbe sottratto al social i dati di 50 milioni di utenti e li avrebbe utilizzati in modo improprio nel corso della campagna elettorale di Donald Trump per elezioni presidenziali negli Stati Uniti. La caduta del titolo ha trascinato giù in particolare il Nasdaq.
Le Borse asiatiche chiudono miste e provano, in parte, a reagire all'effetto Facebook. Oggi Tokyo termina in ribasso dello 0,48%, penalizzata dai tecnologici. Hong Kong guadagna lo 0,11%.
Chiusure positive per le Borse cinesi. A Shanghai l'indice Composite termina gli scambi in progresso dello 0,35% a 3.290,64 punti, mentre a Shenzhen il Component sale dello 0,08% a 11.077,8 punti.
Il tonfo di Wall Street, dunque, è stato immediatamente messo in relazione con le problematiche vissute da Facebook. A pesare sul social network più famoso al mondo - e sul mercato USA in generale - sono stati ieri due elementi: da un lato la proposta di imporre una tassa del 3% sul giro d’affari europeo; dall’altro, invece, il furto dei dati di 50 milioni di clienti da parte di Cambridge Analytica.
Ma il tonfo di Facebook non giustifica da solo il crollo di Wall Street. Tutti i principali indici del mercato azionario statunitense, infatti, hanno archiviato gli scambi con perdite superiori al singolo punto percentuale. Il Dow Jones, per fare un esempio, ha chiuso la prima sessione della settimana con un rosso dell’1,35% e si è arenata sui 24.610,91 punti.
Non è andata meglio all’S&P 500, che ha perso l’1,42% e ha così terminato gli scambi su quota 2.712,92. Ovviamente il peggiore è stato il Nasdaq, che ha chiuso in perdita dell’1,84% su quota 7.344,24 punti.
Insomma, fanno notare gli analisti, Facebook è stata soltanto la scintilla che ha fatto esplodere il clima di vendite. In cima alla lista delle cause ci sono le paure del mercato relative alle politiche dell’amministrazione di Trump. I timori di guerra commerciale - esacerbati dall’introduzione dei dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio - non si sono mai sopiti. Al clima già negativo, inoltre, si aggiunge il preoccupante esodo dei funzionari dell’amministrazione repubblicana, fenomeno che ha privato la Casa Bianca di personaggi cari ai mercati tra cui l’ex consigliere economico di Trump, Gary Cohn. Infine pesano anche i timori relativi alle indagini che stanno nuovamente coinvolgendo la Russia e il suo ruolo nelle elezioni USA 2016, oltre che la possibilità che Trump licenzi il procuratore speciale del caso. Per concludere, non hanno giocato in favore di Wall Street neanche le recenti dichiarazioni degli analisti in merito all’andamento dell’economia USA. Gli esperti infatti non sembrano più propensi a confermare la propria stima del 3% per il trimestre corrente.
Ed è questo, appunto, il clima alla vigilia della riunione della Federal Reserve in cui saranno probabilmente alzati i tassi di interesse.
FOREX
Eur/usd. Domani 21 marzo è prevista la comunicazione da parte della Federal Reserve dei tassi di interesse negli Stati Uniti e l’attesa è per un nuovo rialzo di 25bps ad un massimo di 1.75%. I futures sui tassi di interesse indicano in tal senso il 94.4% di probabilità, il che mette in evidenza quanto il mercato ritenga che ciò sia ormai cosa fatta. Nel frattempo, gli ultimi dati del COT Report hanno mostrato come i Non-Commercial Traders abbiano incrementato le loro posizioni tornando così molto vicino ai recenti massimi storici: le Net Position hanno infatti registrato un’esposizione long di +146.380, rispetto al precedente record di +148.742. I traders stanno ora aspettando l’appuntamento con la Federal Reserve per verificare se quello potrà essere l’evento capace di causare la rottura del trading-range: nel frattempo la quotazione continua a rimanere compresa tra 1.22 e 1.2550.
ORO
In maniera molto simile a quanto sta accadendo sul cambio EurUsd, anche l’oro la settimana scorsa si è spostato nella parte basse del canale ($1300-$1350) e sembrerebbe puntare alla rottura della base del trading-range. Ciò dimostra ancora una volta che in questa fase i movimenti di diversi strumenti sono fortemente influenzati dal Dollaro ma nel caso dell’oro è necessario ricordare come il canale $1300 - $1350 non rappresenti solamente dei riferimenti grafici ma anche a livello di opzioni. Analizzando infatti gli Open Interest con scadenza 26 marzo si nota come tali strike siano anche particolarmente carichi, il che spiega ancora meglio il motivo dell’attuale fase di lateralità.
PETROLIO AMERICANO (WTI)
La quotazione del petrolio continua a rimanere schiacciata sui $60, con da una parte la produzione americana in aumento a limitare la capacità di spinta rialzista e dall’altra la grande concentrazione di Open Interest visibile sulla tabella delle opzioni con scadenza 17 aprile a rappresentare un supporto. In uno scenario di questo tipo i dati del COT Report mostrano come i Non-Commercial Traders abbiano ridotto la loro esposizione long passando da 686.507 a 668.544, arrivando cosi ad una diminuzione di oltre il 10% rispetto al picco long registrato ad inizio febbraio.
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