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Immagine del redattoreAntonio Arricale

LE BORSE EUROPEE CHIUDONO NEGATIVE. ANCHE LE CRIPTOVALUTE

Le Borse europee hanno chiuso in perdita, con Francoforte maglia nera (-1,59% a 12.221 punti) e Londra che ha perso l'1,05% a 7.138 punti. Sotto pressione anche Milano (-0,33% a 22.690 punti) e Parigi (-0,64% a 5.242 punti).

Piazza Affari ha chiuso la sua seconda seduta in negativo dopo le elezioni politiche.

Mediaset (-4,15%) ha chiuso in coda, appesantito dal giudizio negativo di JpMorgan. Nella galassia 'Berlusconi', in perdita anche Mondadori (-1%), con i conti che prevedono ricavi e utile in contrazione nell'esercizio in corso. Sono scese anche Cnh (-2,17%) e Tim (-2,37%), con gli investitori in attesa di capire le mosse del fondo Elliott, e St (-2,6%). In forma Unipol (+2,9%), spinta dalla raccomandazione d'acquisto di Kepler-Chevreux, e Italgas (+2,25%), favorita dalla raccomandazione 'accumulate' di Banca Akros. Atlantia ha perso l'1,5%, in attesa di un possibile accordo con Hochtief-Acs su Abertis. Fuori dal listino principale solida Carige (+4,44%), in vista delle mosse del socio Mincione. Fra le banche, male Banco Bpm (-2,3%), Bper (-1,86%) e Ubi (-1,1%).

CRIPTOVALUTE SOTTO IL FUOCO INCROCIATO BANCHE

La tecnologia blockchain mette in pericolo il modello di business delle banche, la maggior parte delle quali non è ancora pronta per competere con questa novità. Le banche hanno bisogno di prendere tempo: escludere le piattaforme che offrono le criptovalute dal sistema bancario è un modo facile per farlo.

Da qui le notizie che puntualmente rimbalzano in rete, da est a ovest, da nord a sud del globo, ora di un provvedimento restrittivo, ora di un decreto di ban.

La settimana scorsa – come si sa – la Commissione statunitense di vigilanza sulla Borsa (SEC) ha annunciato che tutte le piattaforme di scambio, inclusi i broker di criptovalute, devono rispettare le regole delle SEC.

La notizia ha innescato vendite marcate nei giorni scorsi che hanno interessato tutto il mercato delle criptovalute. E ancora oggi le principali monete virtuali registrano flessioni nella media del 2%. Il prezzo del Bitcoin, solo per fare un esempio, è scivolato tanto da mettere nuovamente in discussione la soglia dei $9.000.

Un fatto è certo: prima o poi si dovrà arrivare ad regolamentazione del settore, la qual cosa però non dovrebbe essere vista negativamente dal mercato. Anzi – dicono gli esperti – la regolamentazione dei cripto-asset avrà effetti positivi nel lungo termine – come una minore volatilità – e tuttavia il calo del prezzo di questi gironi suggerisce che gli investitori tanto convinti di questi vantaggi alla fin fine proprio non sono.

Insomma, è evidente che le difficoltà di volta in volta frapposte sono interpretate come un modo per ritardare l’adozione di soluzioni basate sulla blockchain, soprattutto come mezzo di pagamento.

Le banche contano ancora, e non poco.

TONFO DI RIPPLE

Il tonfo di Ripple, però, non rientra nei ragionamenti di cui si è detto sopra. In questo caso, semmai, centrano – par di capire – le dispute legali che coinvolgono inevitabilmente la società.

La società fondatrice dell’omonima criptovaluta, Ripple Lab, è stata recentemente coinvolta in una disputa legale contro la sua ex partner R3 Holdco. Quest’ultima è stata accusata di aver fornito informazioni non veritiere al momento della stipula dell’accordo, mentre Ripple è stata tacciata di non aver pagato i 5 miliardi in XRP dovuti in virtù della stipulata partnership.

Secondo numerosi analisti, la quotazione di Ripple ha enormemente risentito della contesa legale, aggravata altresì dal rifiuto, da parte della Corte d’Appello, della richiesta di tenere un’udienza domestica in California. A decidere sarà ora il tribunale di New York, città sede di R3.





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