Draghi for ever. Ce lo chiede l’Europa. Ce lo chiede l’America. Ce lo chiede l’Ucraina. Ce lo richiede la crisi energetica. Ce lo chiedono il Pd e la galassia dei partiti cosiddetti moderati, ovvero, quelli buoni e pronti per tutti i governi.
Insomma, s’è capito, ci sarebbe più di un motivo valido per dire basta, per togliere la spina, per tornare alle urne.
E però sarebbe da stupidi – vista la contingenza – e a pochi mesi ormai dalla naturale scadenza della legislatura. (Scadenza per la quale, peraltro, non c’è ancora una legge elettorale attagliata alla mutata composizione del nuovo Parlamento e, soprattutto, all’annosa esigenze di assicurare governabilità e stabilità, appunto, al Paese).
In attesa, intanto, dell’ennesima farsa che si metterà in scena mercoledì prossimo, con la riunione delle Camere per il voto di fiducia (perché, si badi bene, le alternative sono due, ma in parte simili: continuerà l’attuale governo guidato da un tecnico, Draghi, senza il M5S o con quello che ne resta; oppure, sarà eletto un nuovo tecnico, il presidente della Corte Costituzionale?, e sarebbe il quarto governo tecnico consecutivo di questa legislatura) in attesa, si diceva, i mercati hanno già scelto la direzione da seguire.
Quale? Provate ad indovinare.
Il debito pubblico è diventato sempre di più insostenibile con lo spread in aumento a 222pb, vicino ai massimi raggiunti con la prima pandemia; il rendimento dei Titoli di Stato a 10 anni si attesta al 3,35% e segna un aumento di quasi il +10% in solo una settimana; i Credit Default Swap (CDS), utilizzati per assicurarsi dal rischio emittente ed in questo caso dal default dello Stato, ancorché ancora contenuti rispetto al passato, sono in forte crescita. I CDS a 5 anni dell’Italia sono più che raddoppiati in un anno e hanno raggiunto i 145 punti.
Insomma: per i mercati il rischio che grava sul nostro Paese è già alto.
Ma c’è di più. La situazione per alimentare una crisi di governo di difficile interpretazione sarebbe, a livello puramente economico, aggravata anche dal rischio di perdere nell’immediato circa 30 miliardi di euro. La caduta del governo, infatti, finirebbe inevitabilmente per bloccare il decreto “Aiuti” da 10 miliardi (con i famosi 200 euro per pensionati e lavoratori e le novità del superbonus), ma soprattutto metterebbe a rischio la tranche estiva del PNRR da 21 miliardi di euro, per ottenere la quale a Bruxelles fa da garante Draghi, non certo Conte, Grillo, Letta, Salvini, Berlusconi eccetera eccetera.
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