Il dato di ieri sull’inflazione Usa ha spaventato i mercati, un aumento del 9,1% non si vedeva dal dicembre 1981, sopra l’,8,8% atteso e sopra l’8,6% del mese precedente.
Lo scenario che si prospetta, dunque, è quello di una Fed più aggressiva. Tra gli economisti c’è chi teme addirittura un rialzo dei tassi di 100 punti base.
Per il presidente Joe Biden, però, i dati sono “superati perché i prezzi del carburante scendono da 30 giorni".
Future a Wall Street in flessione dello 0,2%, ieri l’S&P ha chiuso in calo dello 0,45% e il Nasdaq dello 0,15%.
Borse asiatiche miste con il Nikkei in rialzo dello 0,6%, il Csi 300 fermo sulla parità mentre Hong Kong arretra dello 0,5%. India in lieve flessione -0,1% mentre Taiwan (Taiex) guadagna lo 0,79% dopo i buoni dati di Tsmc. Contrastata la corea con il Kospi che flette dello 0,2% e il Kosdaq che sale dello 0,2%.
Dunque, dopo i dati sull’inflazione Usa, dove a correre non è più solo il prezzo dell’energia ma anche cibo e affitti, ora si teme una Federal Reserve ancora più aggressiva con il prossimo rialzo dei tassi di 100 punti base e non 75 punti base. Si ridipinge dunque lo scenario Volker con un rapido aumento dei tassi della banca centrale e un rallentamento dell’economia e poi un nuovo calo dei tassi. Il Flip-flopping dovuto a banche centrali che rincorrono i prezzi e non gli stanno “davanti”. Due le conseguenze, sempre più superdollaro mentre si amplia l’inversione della curva dei tassi con il decennale Usa che rende il 2,94% e il due anni il 3,2%.
Euro dollaro a 1,016 dopo essere calato sotto la parità. Si teme che la Bce per non far deprezzare troppo la valuta sia costretta a irrigidire la sua politica monetaria. Dollar Index (Dxy) che guadagna stamattina portandosi a 108,49 +0,46%.
Reazioni anche sul mercato obbligazionario europeo, prima con un rialzo dei rendimenti e poi un calo, ora il Bund tedesco a 10 anni rende l’1,15% il BTP decennale il 3,12%, spread 198 punti base.
A riflettersi sul nostro Btp è anche la crisi del governo Draghi che ritorna al Colle dopo che il leader del M5s Giuseppe Conte si è detto pronto a non votare un decreto della maggioranza anche al Senato.
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