Non solo l’evoluzione della pandemia, o il prolungarsi della guerra e il cambiamento delle politiche monetarie delle banche centrali (obbligate ad anticipare il percorso di normalizzazione), ma anche – segnatamente alle vicende italiane – le fibrillazioni del quadro politico di maggioranza, continuano ad alimentare l'incertezza.
L'inflazione in Europa è schizzata raggiungendo in tempi brevi i livelli di quella americana. Nel mese di giugno ha toccato l'8,6% su base annua.
Ovviamente, sugli stessi livelli è registrata anche la crescita dell'inflazione in Italia, con l’indice che ha toccato l'8% su base annua, livello record dal 1986, quando tuttavia il Belpaese sedeva a ben diritto e con orgoglio tra i veri Grandi della Terra.
(E a dispetto di tutto e tutti – verrebbe da aggiungere – considerando che l’Italia arrivò a sfiorare per poche decine di miliardi di dollari il quarto posto assoluto nella classifica del G7 e, dunque, una posizione troppo scomoda per i nostri abituali partner commerciali per i quali eravano considerati semplicemente scansafatiche oppure additati con dileggio “maccaronì” o “pizza&mandulino”. E che, dunque, difficilmente avrebbero potuto tollerare questo smacco, come da lì a qualche anno – ahinoi – si scoprirà. Ma questa è un’altra storia, così come altra storia è il debito pubblico italiano che all’epoca era registrato all’85,1% del Pil, vale a dire 404,336 miliardi di euro, mentre oggi veleggia a 2.759 miliardi di euro).
L’inflazione è trainata – come si sa – principalmente dal rincaro dei beni energetici (dal +42,6% di maggio al +48,7%) e dal prezzo dei beni alimentari, sia lavorati (da +6,6% a +8,2%) sia non lavorati (da +7,9% a +9,6%). E la situazione non sembra volgere al meglio, almeno nelle aspettative degli italiani.
Secondo l'Osservatorio sull'inflazione di Ipsos, infatti, per la maggioranza degli intervistati la convinzione è che gli effetti del rincaro dei prezzi ricadranno prevalentemente sul consumatore finale. E benché la maggior parte degli intervistati dichiari di non prevedere una modifica sostanziale della propria situazione economica, nei prossimi 12 mesi, ben oltre sette cittadini su dieci si dichiarano preoccupati per l'aumento dei prezzi.
Il ministero dell'Economia e Finanza prova, tuttavia, a buttare acqua sul fuoco. Negli aggiornamenti sull'attività di emissione del debito pubblico, infatti, scrive che "l'inflazione è prevista decelerare nella seconda metà dell'anno pur restando elevata in confronto agli anni scorsi e vulnerabile a nuove impennate dei prezzi energetici. In prospettiva – continuano i tecnici di Via XX Settembre – è lecito immaginare che se si confermerà la tendenza alla stabilizzazione o al ribasso dei prezzi dell'energia, l'inflazione complessiva rallenterà nella seconda metà dell'anno".
Il Mef si dice, inoltre, positivo anche sulla crescita economica italiana sottolineando che: “la crescita acquisita del PIL per il 2022, pari al 2,6%, congiuntamente alle prospettive di un'accelerazione nel secondo trimestre rendono ancora plausibile raggiungere se non superare la previsione di crescita del DEF per l'anno in corso, pari al 3,1%.
E dello stesso avviso è anche Prometeia, che stima una crescita dell'Italia per l'intero 2022 al rialzo al +2,9%, dal precedente +2,2% di marzo scorso, sostenuto sia dagli investimenti delle imprese, grazie anche ai fondi del PNRR che stimoleranno un'espansione sia nella componente costruzione sia in quella strumentale, sia i consumi delle famiglie, ovvero i risparmi accumulati durante la pandemia che garantirà una sorta di fondo che sosterrà la tenuta dei consumi nonostante la perdita di potere d'acquisto”.
Il 2023 è invece rivisto al ribasso a causa dei prezzi dell'energia a cui arriveremo in inverno.
Probabile è la crescita media del 3% nel 2022, ma non certa a causa delle luci e ombre che restano sulla strada dell'Italia.
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