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Immagine del redattoreAntonio Arricale

GUERRA COMMERCIALE, TRUMP INASPRISCE LE TENSIONI CON LA CINA

Partenza in sordina per le principali borse europee sulle rinnovate tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina, mentre sono in dirittura di arrivo i dazi USA sui prodotti cinesi, per un valore di 16 miliardi di dollari. Per contro Pechino ha registrato un aumento oltre le attese dell’export nel mese di luglio. L'amministrazione Trump ha deciso di procedere con l'imposizione di dazi del 25% su importazioni da Pechino, a partire dal prossimo 23 agosto. Le nuove imposizioni si aggiungono ai dazi del 25% su prodotti cinesi per un valore di 34 miliardi di dollari che erano stati attivati lo scorso 6 luglio.

Al momento, dunque, Francoforte tentenna, con il Dax in modesto ribasso (- 0,08%). In ripresa, invece, Londra (Ftse Mib +0,50%), poco sotto la parità Parigi (Cac 40 -0,10%) e così anche Madrid (Ibex 35 -0,09%).

A Milano, il Ftse Mib dopo un’apertura sostanzialmente stabile comincia a muoversi in altro (Ftse Mib + 0,38%) trascinandosi dietro anche gli indici minori (Ftse Italia All Share +0,41%, Mid Cap + 0,68%, Italia Star +0,50%).

Si riduce di poco lo spread che si porta a 241 punti base, con un lieve calo di 3 punti base, mentre il rendimento del BTP a 10 anni si attesta al 2,85%.

Asia e Australia

In ordine sparso i mercati asiatici che hanno chiuso, stamane, con il rosso si Tokyo (Nikkei -0,08%) che Shanghai (Sse -1,27%), mentre in positivo Seul (Kospi +0,06%) ed Hong Kong (Hang Seng +0,39%).

Positivo anche l’australiano Asx che ha chiuso a +0,22%.

Wall Street

La borsa di New York ha chiuso, ieri, in guadagno con il Dow Jones a +0,50% ed il Nasdaq a +0,31%.

Forex Sul mercato Forex, l' Euro/Dollaro mantiene la posizione sostanzialmente stabile su 1,162. In assenza di dati macro di rilievo, i conti trimestrali delle società quotate rimarranno al centro dell'attenzione del mercato.

Oro

Poco mosso l'oro che continua la sessione sui livelli della vigilia a quota 1.215 dollari l'oncia. Fermo il mercato petrolifero, che continua la sessione sui livelli della vigilia con il petrolio (Light Sweet Crude Oil) che scambia a 69,19 dollari per barile.

L’Ethereum crolla del 10,11% sulla scia del selloff

L’Ethereum si attesta a 368,52 alle 01:28 ET (05:28 GMT) sull’indice di Investing.com questo mercoledì, con un tonfo del 10,11% sulla giornata. Si tratta del crollo percentuale giornaliero maggiore dal 22 giugno.

Il ribasso porta la capitalizzazione di mercato di Ethereum a 37,71 miliardi di dollari, pari a circa il 16,30% della capitalizzazione di mercato totale delle criptovalute. La capitalizzazione dell’Ethereum aveva raggiunto il massimo di 135,58 miliardi di dollari.

L’Ethereum è stato scambiato in un range compreso tra 367,99 e 380,15 dollari nelle 24 ore precedenti.

Sugli ultimi sette giorni, la valuta digitale è scesa di valore, crollando del 12,05%. Il volume di Ethereum scambiati nelle 24 ore terminate al momento della scrittura è di 1,93 miliardi, il 12,87% del volume totale di tutte le criptovalute. È stato scambiato in un range compreso tra 367,99 dollari e 424,51 dollari negli ultimi sette giorni.

Al prezzo attuale, Ethereum registra comunque un tonfo del 74,11% rispetto al massimo storico di 1.423,20 dollari del 13 gennaio.

Le altre criptovalute

Il Bitcoin si attesta a 6.439,5 dollari sull’indice di Investing.com, con un crollo dell’8,13% sulla giornata.

Il Ripple è scambiato a 0,34546 dollari sull’indice di Investing.com, con un tonfo del 18,43%. La capitalizzazione di mercato del Bitcoin è pari a 112,06 miliardi di dollari, il 48,45% della capitalizzazione di mercato totale delle criptovalute, mentre quella del Ripple si attesta a 13,86 miliardi di dollari, il 5,99% del totale.


I dati macroeconomici in calendario oggi con le principali news

16:30 - USD – Scorte di petrolio greggio

23:00 – NZD – Decisione sul tasso di interesse

23:00 - NZD – Report della RBNZ sui tassi di interesse


Cina: surplus commerciale con Usa

La Cina ha registrato a luglio un surplus commerciale con gli Usa, primo mercato per l'export, di 28,09 miliardi di dollari, in calo del 2,8% dal record segnato a giugno di 28,97 miliardi. Nel mezzo dell'aspro braccio di ferro sui dazi con Washington, Pechino, secondo i dati delle Dogane, ha avuto nello stesso mese un saldo commerciale complessivo di 28,05 miliardi di dollari, in calo rispetto ai 41,70 miliardi di giugno e alle attese dei mercati di 39,3 miliardi.

Sanzioni, Cina difende relazioni commerciali con Iran dopo minacce Trump

I legami commerciali cinesi con l'Iran rimangono aperti, trasparenti e legali, ha fatto sapere il ministero degli Esteri dopo che Trump ha annunciato ieri che chi continuerà a commerciare con l'Iran perderà le relazioni economiche con gli Stati Uniti. Le nuove sanzioni statunitensi nei confronti dell'Iran sono intanto entrate in vigore nonostante le obiezioni degli alleati di Washington.

L'Iran ha rifiutato un'ultima offerta di colloqui con l'amministrazione Trump, affermando di non poter negoziare con Washington dopo che gli Stati Uniti hanno disatteso l'accordo del 2015 che alleviava le sanzioni in cambio di un ridimensionamento del programma nucleare iraniano.

Pechino ha relazioni commerciali strettissime con Teheran, soprattutto per quanto riguarda il settore energetico. "La Cina si è fermamente opposta a sanzioni commerciali", si legge in un comunicato del ministero degli esteri cinese. "I legami commerciali con l'Iran sono aperti, trasparenti, ragionevoli, equi e legali, non violano nessuna risoluzione delle Nazioni Unite", continua. La Cina, il maggior acquirente del petrolio iraniano, acquista circa 650.000 barili al giorno, il 7% di tutte le importazioni di greggio cinesi, che vale 15 miliardi di euro. Le società statali CNPC e Sinopec hanno poi investito miliardi in alcuni rilevani siti di estrazione iraniani come Yaravaran e Nord Azadegan e da lì spediscono greggio in Cina.

Alcuni stati europei, sperando di convincere Teheran a continuare a onorare l'accordo, hanno promesso di alleviare le sanzioni e di raccomandare alle loro aziende di non lasciare il paese.

Alcune società hanno però già lasciato l'Iran, argomentando che la perdita del business americano sarebbe un rischio troppo grande da correre. Tra queste, Total, PSA e Renault.




Wang Yi, ministro degli Esteri cinese


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