Sarà tecnico o politico, il governo di Mario Draghi? Questa la discussione che anima, ormai, pastoni e talk show televisivi. Sempre più noiosi, peraltro. Il discrimine tra l’uno e l’altro sarebbe dato dal numero di grand commis o professionisti esterni che saranno chiamati a farne parte rispetto ai politici di professione.
A me pare una discussione di lana caprina. Un governo, comunque sia, è sempre politico, dal momento che è il Parlamento a dargli forza oltre che la necessaria maggioranza per andare avanti. In mancanza, infatti, la parola torna al popolo. La responsabilità del giudizio sui tecnici, insomma, ricade in ogni caso sui partiti che li hanno sostenuti.
Così, per dire, la tragica esperienza del governo Monti è riconducibile sì all’alterigia del senatore bocconiano, ma solo in minima parte, ricadendo invece il giudizio complessivo sulle forze che lo propugnarono e sostennero, a cominciare dall’ex comunista Napolitano (che a tutti i costi lo volle, fino a farlo senatore a vita) e, a cascata, dai suoi compagni di partito, dagli alleati, fino ai finti liberali di Berlusconi.
E il giudizio politico dovrebbe essere dato sempre e solo valutando i fatti, sulla scorta dei risultati conseguiti, degli obiettivi raggiunti, non delle ideologie, che peraltro sono state spazzate via con la caduta del muro di Berlino, men che meno dal sentirsi parte di una tifoseria.
A proposito di Mario Draghi, per esempio, intanto conta che, a consultazioni ancora in corso, lo spread è tornato per la prima volta dopo oltre un lustro, sotto i 100 punti e probabilmente, con il varo effettivo dell’esecutivo, arriverà fino a 70. Un ripiegamento che si traduce già oggi in un forte risparmio degli interessi che gravano sul debito pubblico, ma che in concreto potrebbe arrivare fino a 1,5 miliardi di euro all’anno. Con l’effetto non secondario, peraltro, che renderebbe inutile il ricorso allo Mes, il famigerato meccanismo di finanziamento europeo, che piace solo a Renzi e al Pd, ma che già solo per questo non piace affatto a M5S, Lega e FdI (e, a dire il vero, neanche a me).
Ciò detto, poi, nemmeno sopporto più, ormai, i lamenti delle vedove affrante del presidente del Consiglio Matteo Conte (Travaglio con il Fatto quotidiano in testa e Corsera e La7 di Cairo a seguire) che ancora hanno il coraggio di decantarne supposte mirabolanti qualità e capacità politico-amministrative.
Conte ed il governo M5S-Pd-Renzi (quest’ultimo poi si è ravveduto, come si sa) hanno oggettivamente fallito su tutta la line. E questo a prescindere del comportamento, che pure aborro, dell’uomo il quale, con rara improntitudine, continua a pensare di essere indispensabile e buono per tutte le stagioni: prima con Salvini e Di Maio, poi con Zingaretti e Di Maio, ora addirittura con Draghi, Di Maio, Zingaretti e Savini. Suvvìa, siamo seri.
Delle stucchevoli e fastidiose paternali di questo avvocato sedicente del popolo ricordo (e faccio parlare i fatti): 1) la mascherina non era importante, ma solo perché non se ne trovavano. Poi invece è diventata non soltanto obbligatoria, ma - come ha argomentato la Gabanelli – anche molto cara. Pagata, cioè, il doppio e anche di più rispetto a quella acquistata da alcune regioni, che pure – per antonomasia – proprio parsimoniose non sono.
2) Conte ha promesso che nessuno sarebbe rimasto indietro. Voi provate, allora, a chiedere ad oltre mezzo milione di disoccupati se questa affermazione è vera.
3) Cassa integrazione lampo, e c’è chi ancora la sta aspettando.
4) Arcuri, il commissario ad hoc individuato per affrontare le emergenze sanitarie, non è riuscito a garantire per tempo non solo le mascherine, ma anche i banchi di scuola (che nel frattempo fortunatamente almeno hanno perso le rotelle), le siringhe e, da ultimo, addirittura i vaccini. Poveri noi.
5) Per tirarci fuori dalle secche, Conte ha poi convocato gli stati generali dell’economia, le cui indicazioni non soltanto non sono state ascoltate, ma non è riuscito a mettere giù nemmeno uno straccio decente di bozza di Recovery plan da presentare alle autorità comunitarie per poter accedere ai famosi 200 e passa miliardi di euro.
6) Il presidente del Consiglio ha abusato della decretazione senza avvertire minimamente la sensibilità di relazionare al Parlamento;
7) Il governo non ha mai aggiornato il Piano sanitario, sicché alla gestione della pandemia è arrivato del tutto impreparato, peggio, improvvisando.
8) Il premier ha “chiuso” il Paese ottenendo due risultati catastrofici: la situazione sanitaria non è migliorata (l’Italia è il Paese occidentale che in rapporto alla popolazione ha registrato più morti); l’Italia è sprofondata in fondo a tutte le classifiche economiche, non soltanto europee, ma del mondo. Il suo debito è arrivato al 170% del pil, prodotto interno lordo che a sua volta è sprofondato a -8,8%. Appare meno drammatica finanche la situazione della Grecia, ed è tutto dire.
10) Conte ha promesso ristori che non sono mai arrivati.
11) Il governo Conte ha scarcerato 40 capibastone, mafiosi, camorristi e ‘ndranghetisti condannati al carcere duro;
12) L’anno prima Conte ha deliberato, con Salvini, politiche restrittive nei confronti dell’immigrazione clandestina, l’hanno dopo ha cambiato registro e si è trasformato addirittura nel principale accusatore (i suoi “non ricordo” pronunciati davanti al giudice hanno questo valore) del suo precedente ministro dell’Interno.
E potrei continuare per molto ancora, ma mi sono stancato di scrivere. E soprattutto di stare ancora ad ascoltare i sofismi dei miei colleghi che ancora discettano, senza pudore, di questioni di lana caprina.
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