Schiarita sulla borsa di Milano (ma anche per le altre piazze finanziarie europee) a metà mattinata di questa giornata di fine ottava che sembrava, invero, avviata addirittura sull’orlo del precipizio, appesantita dallo spread (salito a 202 punti base dai 194 della chiusura di ieri) oltre che dal ciclone Trump, che come si sa, ha rispolverato i toni ostili contro il leader nordcoreano Kim Jong. Dunque, il tempo sembra volgere la sereno. Al momento di scrivere questa nota, infatti, il FTSE MIB segna+0,07%. In verde, ovviamente, anche le altre borse: il FTSE 100 di Londra segna +0,32%, il DAX 30 di Francoforte +0,93%, il CAC 40 di Parigi +0,55%, l’IBEX 35 di Madrid +0,33%.
Certo, non piacciono ai mercati le tensioni tra Lega-M5S e il Quirinale sui nomi della squadra di governo (la candidatura di Paolo Savona a Ministro dell'Economia, portata avanti soprattutto da Matteo Salvini, sta incontrando l'opposizione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella); di contro, però, nella nota "Global Markets Daily" gli analisti di Goldman Sachs scrivono che al momento "gli investitori non sembrano eccessivamente preoccupati dalla prospettiva di un allentamento del rigore fiscale"; mentre il presidente del Consiglio incaricato, Giuseppe Conte, a conclusione del primo giro di consultazioni si è recato in Bankitalia. Staremo a vedere.
Con riferimento alle altre borse, inutile aggiungere che ieri hanno chiuso in rosso sia Wall Street (S&P 500 -0,20%, NASDAQ Composite -0,02%, Dow Jones Industrial -0,30%) e, a seguire, sia le piazze asiatiche dove sul finale il Nikkei 225 di Tokyo è riuscito comunque a terminare poco sopra la parità (+0,06), mentre l'indice CSI 300 di Shanghai e Shenzhen ha chiuso a -0,28% e l'Hang Seng di Hong Kong -0,56% (negativo anche l’australiano Asx -0,05).
Sul mercato del Forex va registrato un dollaro sempre forte sull'euro: EUR/USD staziona poco sopra quota 1,17 ovvero sui minimi da novembre.
Il cambio di umore di Trump ha, dunque, sottolineano gli analisti, provocato una sorta di tempesta perfetta i cui risultati non si sono fatti attendere: petrolio in calo e beni rifugio alle stelle. In particolare l’oro che ha oltrepassato 1300 dollari l’oncia.
Non ci sarà più, dunque, il tanto atteso vertice tra Stati Uniti e Corea del Nord in programma il prossimo 12 giugno a Singapore, a causa della "tremenda rabbia e aperta ostilità" emersa nelle ultime dichiarazioni di Kim. "Il mondo, e in particolare la Corea del Nord, hanno perso una grande opportunità per costruire una pace duratura e una grande prosperità. La perdita di questa opportunità è veramente un momento triste della storia” ha scritto nella lettera inviata al leader nordcoreano, il presidente americano.
I DATI MACROECONOMICI ATTESI OGGI Venerdì 25 Maggio 2018
14:30 USA Ordini beni durevoli preliminari apr; 15:00 USA Intervento Powell (presidente Fed); 16:00 USA Indice fiducia consumatori (Univ. Michigan) finale mag.
NEWS
Per Bostic (Fomc) vicina fine ciclo rialzo tassi d'interesse
Secondo Raphael Bostic, president della Federal Reserve (Fed) di Atlanta, l'istituto centrale di Washington si sta avvicinando alla fine del suo ciclo di rialzo dei tassi d'interesse. Bostic, quest'anno membro votante del Federal Open Market Committee (Fomc, la commissione della Fed che si occupa di politiche monetarie), ritiene infatti che il cosiddetto tasso neutro sia verosimilmente compreso tra il 2,25% e il 2,75% e questo implica tra tre e cinque ulteriori aumenti. "Da parte mia penso che arriveremo alla neutralità per poi lasciare lavorare l'economia", ha sottolineato intervistato giovedì dalla Cnbc.
Harker (Fed) vede tre rialzi dei tassi nel 2018 e nel 2019
Patrick Harker, president della Federal Reserve Bank (Fed) di Philadelphia, si attende che l'istituto centrale di Washington alzi i tassi d'interesse tre volte in totale quest'anno (altri due incrementi dopo quello deciso in marzo) e realizzi ulteriori tre aumenti nel corso del 2019. Successivamente sarebbe opportuno fermarsi, ha aggiunto Harker che quest'anno non è membro votante del Fomc, visto che l'economia Usa dovrebbe avere raggiunto un equilibrio. "Penso ci stiamo avvicinando alla neutralità", ha detto intervistato giovedì dalla Cnbc. "Se vedessimo l'inflazione iniziare ad accelerare, allora sarei aperto a un quarto rialzo quest'anno, ma dovrei vedere prima le prove", ha concluso.
Giappone: inflazione regione Tokyo scesa allo 0,4% in maggio
Secondo i dati diffusi dal ministero nipponico di Affari Interni e Comunicazione, l'inflazione nella regione di Tokyo è scesa ulteriormente in maggio allo 0,4% annuo dallo 0,5% di aprile (1,0% in marzo) e contro attese degli economisti per una lettura invariata. L'inflazione core è parimenti calata allo 0,5% annuo, contro lo 0,6% annuo del consensus e di aprile (0,8% in marzo). Su base mensile i prezzi al consumo sono rimasti invariati (medesima performance anche per l'inflazione core). A partire dallo scorso gennaio i dati complessivi sui prezzi al consumo del Sol Levante vengono pubblicati con una settimana d'anticipo rispetto a quanto fatto in precedenza, per cui le statistiche relative alla regione di Tokyo, considerata un indicatore fedele per i trend su scala nazionale (la lettura è diffusa un mese prima rispetto a quella dell'intero Giappone), non escono più in contemporanea.
Sudafrica: Mpc conferma tassi al 6,50% su minimi di due anni
Il Monetary Policy Committee (Mpc) della Reserve Bank del Sudafrica giovedì ha lasciato invariati i tassi d'interesse al 6,50% come previsto dagli economisti, dopo averli tagliati di 25 punti base nel meeting di fine marzo (e avere fatto altrettanto nel luglio 2017), portandoli sui minimi di due anni. La Reserve Bank ha confermato che l'outlook economico resta impegnativo, anche se segnali positivi sono arrivati dalla fiducia di consumatori e imprese (per quanto riguarda le aziende in particolare si è notato un miglioramento da quando Cyril Ramaphosa è diventato presidente in febbraio). Confermata la stima della crescita del Pil dell'1,7% quest'anno in Sudafrica, contro l'1,3% del 2017.
Partito Popolare condannato in Spagna per corruzione
La condanna dell’ex tesoriere del Partito Popolare spagnolo Luis Barcenas a 33 anni di carcere per corruzione e dello stesso partito di governo mette in una posizione difficile il governo di Mariano Rajoy. La sentenza della Corte suprema su diffusi casi di corruzione registrati fra il 1999 e il 2005 noti come la “trama Gurtel” ha infatti acceso le polemiche di Podemos e, in misura minore, del Partito Socialista, che pure sottolinea che la sentenza coinvolge direttamente il capo di governo. Condanne a ben 29 imputati. Il danno d’immagine per il premier e per il Partito Popolare è incalcolabile, anche se da anni il caso rimbalza tra cronache e tribunali. Provata l’esistenza di una seconda cassa nera del Partito, che lo stesso Rajoy finora aveva negato, e condannati a oltre 30 anni di carcere anche rappresentanti di primo piano del partito come Francisco Álvarez Cascos, Javier Arenas, Pío García Escudero, Ángel Acebes, Jaime Mayor Oreja e Rodrigo Rato. Pagamenti secreti ai membri del partito nelle comunità di Madrid e Valencia sarebbero stati effettuati negli anni. Il caso chiaramente è al centro della cronaca spagnola ed europea e si è temuto per la tenuta del governo faticosamente raggiunto dopo mesi di trattative con un’intesa tra lo stesso Partito Popolare e il Partito Socialista. Il presidente portoghese dell’Eurogruppo Mario Centeno ha ribadito la fiducia delle istituzioni europee nella Spagna e anzi ha letto la sentenza come una prova del fatto che le istituzioni e i tribunali del Paese funzionano. D’altronde in un’Europa guidata da Partito Popolare e alle prese con mille sfide (dal Brexit, ai migranti, agli Stati Uniti, all’Italia) appare scontato il tentativo di minimizzare ogni nuovo focolaio di instabilità.
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