Nonostante i dati economici tutt’altro che ideali, le vendite sui mercati USA ed europei hanno perso forza, e gli indici principali ieri hanno chiuso la seduta con il segno più. Il Nasdaq (+1,66%) si è distinto un’altra volta, perché la domanda di titoli tecnologici rimane forte.
E anche le borse europee, al momento di questa nota, sono tutte in verde: Piazza Affari +2,85%, Francoforte +4,41%, Londra +3,5%, Parigi +4,10%, Madrid +2,49%).
Appunto, il comparto delle biotecnologie è balzato del 4,4% nel mercato after hours, dopo che Gilead, una società biotech americana, ha detto che potrebbe aver trovato un farmaco efficace per trattare il coronavirus. E’ questa la news che fa la differenza, dal momento che sul fronte dei dati, le notizie sono state non poco contrastate. Ricordiamole. La scorsa settimana altri 5 milioni di americani hanno fatto richiesta di sussidi di disoccupazione, ma le ultime cifre sono risultate lievemente inferiori alle previsioni e più basse dei dati delle settimane passate.
L’indice sul manifatturiero della Fed di Philadelphia è invece precipitato ai minimi, segnalando un chiaro deterioramento del sentiment delle aziende e, prima di vedere un miglioramento, i dati peggioreranno sicuramente ad aprile.
In Giappone, a febbraio la produzione industriale è scesa inaspettatamente dello 0,3%.
Il tanto temuto Pil cinese si è attestato al -6,8% nel primo trimestre; è la prima contrazione da quando, nel 1992, iniziò la raccolta dei dati. Era stata prevista una flessione del 6,2%, a fronte del +6% registrato nel quarto trimestre dello scorso anno.
Ovviamente, se si pone a confronto questa cifra con il crollo previsto, superiore al 30%, per le economie sviluppate dopo uno shutdown e un periodo di isolamento simili, è possibile che i dati siano stati forse aggiustati, e che dunque non riflettano la vera portata della calamità economica.
Ma tant’è. Altri dati mostrano che, a marzo, il calo nelle vendite al dettaglio cinese non è migliorato secondo le migliori previsioni, attestandosi al -15,8% dal 20,5% precedente e a fronte del -10% stimato; gli investimenti fissi sono scesi del 16,1% a/a, rispetto al -15% previsto dagli analisti e al -24,5% registrato il mese precedente. Invece la contrazione della produzione industriale è risultata pari solo all’1,1% a marzo, rispetto al -7,3% previsto e al -13,5% del mese precedente; ciò significa che la produzione cinese si è ripresa a un ritmo migliore del previsto, cosa poco sorprendente per l’economia ambiziosa di Xi. E, tuttavia, gli investitori sembrano valutare positivamente gli ultimi dati cinesi, sicché stamattina i mercati asiatici sono visti tutti in rialzo: CSI 300 (+1,23%), Composite di Shanghai (+0,89%) e Hang Seng (+2,31%) si preparano a chiudere la settimana in territorio positivo. Giovedì il dollaro USA ha superato quota 100, per poi scendere sotto questo livello sull’onda del miglioramento della propensione al rischio globale. Intanto i titoli del Tesoro USA continuano a trovare richieste e il rendimento dei decennali USA si è stabilizzato sotto lo 0,70%. L’oro ha ritracciato a $1700 l’oncia. Il greggio WTI ha scambiato appena sotto i $20 al barile, mentre il Brent si è consolidato vicino ai $28. Oggi non ci sono utili trimestrali importanti in agenda, per cui il buon umore dovrebbe accompagnare gli investitori fino alla campanella di chiusura settimanale. L’attività sui futures del FTSE (+2,80%) e dell’Eurostoxx (+3,16%) suggerisce un solido avvio positivo per la seduta di venerdì. Sul fronte valutario, giovedì l’EUR/USD è rimbalzato da 1,0816 e potrebbe ampliare i guadagni oltre il livello a 1,09 nelle prossime ore. L’IPC definitivo dell’Eurozona, che sarà diffuso oggi, dovrebbe confermare un calo dello 0,7% a marzo, ma gli investitori sono pronti anche a una cifra più debole, alla luce della flessione storica dei prezzi del petrolio. L’USD/JPY si sta stabilizzando appena sotto il livello a 108, perché stamattina il miglioramento della propensione e la debolezza dei dati giapponesi pesano sullo yen.
A proposito di lockdown, il Regno Unito non è fra i paesi che si preparano a tornare gradualmente alla normalità. Le aziende britanniche rimarranno chiuse per altre tre settimane e i titoli energetici britannici continueranno probabilmente a risentire del petrolio fiacco. Il cable scambia lievemente sotto quota 1,25 sull’onda dei toni più duri sulla Brexit, dopo che funzionari britannici hanno detto che non ci sarà una proroga della scadenza e che il Regno Unito non accetterà la proposta dell’UE di rinviare i negoziati, per evitare una fase prolungata d’incertezza per le aziende.
Il rischio è che le imprese britanniche debbano affrontare più shock economici ravvicinati. Potrebbero non avere nemmeno il tempo sufficiente per leccarsi le ferite del coronavirus e trovarsi a combattere contro le forti turbolenze economiche causate dalla Brexit. L’outlook per la sterlina rimane pertanto negativo. Progressi fino e oltre quota 1,2720 (media mobile a 200 giorni) potrebbero essere interessanti opportunità di vendita sui massimi nel quadro di un’impostazione ribassista di medio termine.
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