Nella settimana che chiude l’euro non è riuscito a trovare slancio contro le altre principali valute G10. Le ragioni sono molteplici: debolezza della locomotiva Germania, il caos Brexit, export in declino.
Il divario fra UE e USA è evidente: l’America batte il Vecchio Continente vuoi che si parli di quotazioni dei titoli azionari, vuoi che si guardi agli indici PMI. E, tuttavia, scrivono gli analisti più accorsati (uno fra tutti, Peter Rosenstreich di Swissequote), “Ora che soffiano i venti del cambiamento, ci sono opportunità per andare lunghi sulla coppia EUR/USD”.
A favore di questa visione va detto che la crescita USA sta subendo un rallentamento, e le divisioni politiche e il parziale shutdown governativo stanno avendo delle chiare ripercussioni sull’erosione della crescita (si stima un rallentamento compreso fra lo 0,5% e lo 0,7% nel PIL annuo).
Nota Rosenstreich: “Se gli effetti di una nazione divisa inizieranno a intaccare la fiducia dei consumatori, la questione diventerà seria. Nel frattempo, i rendimenti dei titoli del Tesoro si sono stabilizzati in una fascia più ristretta, fra il 2,65% e il 2,75%; il calo dei rendimenti USA ha contribuito a indebolire l’USD”.
Da notare inoltre che “i PMI dell’UE hanno toccato il minimo e ciò indica una stabilizzazione, cui contribuisce il prezzo competitivo dell’EUR; inoltre nell’UE il mercato del lavoro è ancora forte, per cui la spesa dei consumatori sosterrà il PIL”. Il clima si sta rasserenando anche dal punto di vista fiscale, la CDU tedesca ha segnalato tagli delle tasse imminenti, e a ciò si aggiunge l’annullamento dell’aumento delle tasse in Francia (per le proteste dei gilet gialli).
Infine, sul fronte monetario, i recenti commenti di Mario Draghi sono stati accomodanti sul breve termine, ma la BCE si prepara ad alzare i tassi a settembre. Di contro, negli USA si stanno affievolendo le attese di rialzi dei tassi aggiuntivi, dopo che Evans (Fed) ha detto che questo sarebbe il momento giusto per una pausa. Il restringimento dei differenziali fra gli spread dei rendimenti aiuterebbe sicuramente l’euro, perché gli investitori europei, con eccessivi asset USA in portafoglio, rimpatrierebbero i capitali.
E non è tutto. “Germania e Cina – nota l’economista – hanno firmato accordi per rafforzare l’armonizzazione nei mercati bancari, finanziari e dei capitali, e hanno promesso di ampliare e liberalizzare le relazioni economiche. Alla luce delle deboli prospettive della Cina, la notizia ha un impatto minore, ma rimane importante per aiutare la fiacchezza dell’economia tedesca.
I market drivers della prossima settimana
La settimana che va dal 21 al 25 Gennaio vedrà come market driver principale la riunione della Banca Centrale Europea, prevista per giovedì 24. La banca centrale dovrà prendere le proprie decisioni in materia di tassi d’interesse. Scontato il mantenimento dei tassi ai livelli attuali. Tuttavia, sarà interessante sentire cosa avrà da dire il governatore Mario Draghi sulla forward guidance dell’istituto, a proposito della politica di aumento dei tassi, dopo gli ultimi dati positivi sul tasso d’inflazione dell’eurozona.
Lunedì 21 saranno pubblicati una serie di dati macroeconomici della Cina. Il dato più atteso sarà quello del Pil relativo al quarto trimestre del 2018, che dovrebbe essere cresciuto del +1,5%, portando la variazione annuale al +6,4%, in leggera diminuzione rispetto al dato precedente. Importantissimi anche i dati sulla produzione industriale, relativa al mese di Dicembre, che dovrebbe attestarsi al +5,3%, sul tasso di disoccupazione, in questo momento al 4,8%, sulle vendite al dettaglio, che sono previste in rialzo al +8,2% dall’attuale +8,1% e sugli investimenti fissi, che dovrebbero aumentare del +6,0%, dall’attuale 5,9%.
Martedì 22 saranno pubblicati i dati sul mercato del lavoro nel Regno Unito. Di particolare importanza l’indice dei salari medi riferito al mese di Novembre, previsto in diminuzione al +3,0%, dal precedente +3,3%, e la variazione delle richieste di sussidi disoccupazione riferite al mese di Dicembre. Sarà inoltre pubblicato anche il dato sul tasso di disoccupazione, che dovrebbe essere confermato al 4,1%. Per la Germania saranno pubblicati i dati sull’indice ZEW del sentimento sull'economica tedesca riferito al mese di Gennaio. Per gli Stati Uniti saranno pubblicati i dati sulle vendite di abitazioni esistenti riferiti al mese di Dicembre, previsti in leggera diminuzione a 5,28 milioni.
Mercoledì 23 si terrà la riunione della Bank of Japan, che prenderà le proprie decisioni di politica monetaria. Scontato il non aumento dei tassi d’interesse, dal -0,10% attuale. Sarà interessante sentire il governatore Kuroda esprimersi sulla strategia futura della banca centrale riferita al programma di acquisto di titoli. Sempre per il Giappone, saranno pubblicati i dati sulla bilancia commerciale e sulle esportazioni, previste in aumento del +1,8%.
Giovedì 24 saranno pubblicati i dati sul mercato del lavoro australiano. Per l’Europa sarà invece la volta degli indicatori PMI concernenti il settore manifatturiero e dei servizi di Francia, Germania ed Eurozona del mese di Gennaio, tutti previsti in aumento, dopo diversi mesi di calo. Tanti i dati macroeconomici pubblicati relativi agli Stati Uniti, dalle richieste iniziali di sussidi di disoccupazione, all’indice dei direttori degli acquisti del settore manifatturiero riferito al mese di Gennaio, previsto in leggera diminuzione al 53,4, dal precedente 53,8, dei servizi, anch’esso atteso in diminuzione al 54,2 dal precedente 54,4 e composito. Inoltre, saranno pubblicati, come di consueto, i dati riferiti alle scorte di petrolio greggio, diminuite nell’ultima lettura di -2.683 milioni.
Venerdì 25, infine, sarà pubblicato l’indice Ifo sulla fiducia delle aziende in Germania, assieme alle aspettative di business e alla valutazione dell’attuale situazione tedesca e, per gli Stati Uniti, i principali ordinativi di beni durevoli su base mensile riferiti al mese di dicembre, attesi in crescita del +0,3% dal precedente +0,4% e le vendite di nuove abitazioni, previste in aumento a 569mila.
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