Occhi puntati sulla coppia Eur/Usd all’indomani del meeting della Bce. La coppia al momento è scambiata a 1,156, giù di 0,06%. (Ma dopo il tonfo è ipotizzabile, ora, un ritracciamento sulla spinta delle vendite di quanti dalla volatilità della coppia hanno guadagnato non poco). Dunque, il cambio Eur/Usd è arrivata a trovare supporto a 1,1555, il più basso di oggi, e resistenza a 1,1852, la più alta di giovedì. Nel frattempo il valore dell'Euro è stato su rispetto alla Sterlina Inglese e allo Yen Giapponese, con la coppia Eur/Gbp che guadagna 0,11% per toccare 0,8733 e la coppia Eur/Jpy che sale di 0,16% per toccare 128,18.
Insomma, a distanza di nemmeno 24 ore, la coppia Eur/Usd si è ritrovata sui picchi delle montagne russe, salendo fino a 1,1851 dopo la decisione della Fed di alzare i tassi di un quarto di punto, e scendendo – come si è visto – fino a 1,1555 dopo la conferenza stampa di Draghi.
Ieri il numero uno della Bce ha comunicato che il QE finirà probabilmente a dicembre prossimo e che i tassi di interesse saranno alzati non prima dell’estate 2019. Le parole del numero uno della Bce sono state accompagnate, come si è visto, dal deprezzamento della moneta unica di oltre una figura, consegnando alle cronache “ la settimana peggiore dal novembre del 2016” della coppia regina delle major. Ovviamente il giudizio cambia a seconda del punto di vista.
Dietro il cambio, tuttavia, sono le scelte di politica monetaria a tenere banco. La Banca Centrale Europea ha infatti scelto di definire le modalità di uscita dal QE – vale a dire, il quel programma di acquisti che per anni ha sostenuto le economie (soprattutto quelle più deboli) dell’Eurozona. Contestualmente, la Bce ha anche comunicato l’intenzione di procedere ad un rialzo dei tassi non prima di un anno.
La BCE ha sorpreso quella parte di mercato convinta che l’annuncio sul tapering sarebbe arrivato soltanto nel meeting di luglio; la fine del QE a dicembre, invece, era già stata ampiamente prezzata.
A pesare sul cambio euro dollaro, ieri, non sono state soltanto le frasi sul mantenimento dei tassi ai livelli attuali almeno fino all’estate 2019, ma anche quelle relative al proseguimento della politica di reinvestimento del capitale dei bond acquistati, che hanno fatto emergere un tono pressoché dovish del presidente Draghi.
A ciò si aggiungano poi le dichiarazioni di quest’ultimo sul fronte rischi, tra cui il protezionismo e l’incertezza, che potrebbero mettere in discussione la crescita dell’Eurozona, tra l’altro rivista al ribasso per il 2018.
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