Piazza Affari e le altre borse europee chiudono in netto calo, con il nervosismo riacceso dal collasso dei prezzi del petrolio. Pressoché ignorato il recupero dell'indice ZEW (l’indicatore che misura la fiducia delle imprese tedesche), mentre si guarda con più preoccupazione al vertice europeo di giovedì prossimo.
Nello scenario borsistico europeo pessima performance per Francoforte, che registra un ribasso del 3,99%. Sessione nera per Londra, che lascia sul tappeto una perdita del 2,96%. In caduta libera Parigi, che affonda del 3,77%. Pioggia di vendite sul listino milanese, che scambia con una pesante flessione del 3,59%. (Né le cose vanno meglio per gli indici americani: il Dow Jones perde -2,47%, il Nasdaq -2,96%) A Milano, in particolare, il Ftse Mib chiude a -3,59%. In Piazza degli Affari non si salva alcun comparto. Tra i peggiori della lista del listino azionario italiano, in maggior calo i comparti tecnologia (-5,60%), materie prime (-4,92%) e petrolio (-4,62%), appunto.
Pesante l'aumento dello spread, che si attesta a +264 punti base, con un deciso aumento di 26 punti base, mentre il BTP con scadenza 10 anni riporta un rendimento del 2,15%.
Sul mercato valutario, la coppia Eur/Usd continua la seduta sui livelli della vigilia, riportando una variazione pari a -0,06%. L'Oro continua la seduta poco sotto la parità, con un calo dello 0,53%. Prevalgono ancora le vendite sul petrolio (Light Sweet Crude Oil), che continua la giornata a 14,17 dollari per barile, in forte calo del 137,66%.
Dunque, sui mercati la scena madre è sempre occupata del petrolio.
Lunedì, per la prima volta nella storia, il greggio USA è diventato negativo, scambiando su minimi pari a $-40 al barile. Per chi non avesse afferrato il concetto c’è stato un momento, nelle contrattazioni della notte, che il mercato è andato in “contango” (un tecnicismo per dire che vi è più offerta che domanda) per cui i venditori di greggio sono arrivati addirittura a pagare i compratori, pur di liberarsi dell’eccesso di scorte.
Il punto è proprio questo. L’eccedenza globale di petrolio è tale che non c’è più spazio per stoccare questa grande quantità di petrolio non utilizzato. Il mercato è letteralmente inondato di petrolio. Ieri il panico è salito a livelli senza precedenti, perché nessuno voleva tenersi i contratti in scadenza oggi e quindi ricompensare investitori pronti a comprare il petrolio non desiderato, e a immagazzinarlo.
Vi è che all’inizio della crisi del coronavirus, i produttori di petrolio, troppo orgogliosi o troppo avidi, hanno continuato a pompare petrolio, senza badare all’accumularsi inutile delle scorte, mentre la domanda diventava sempre più anemica. Di conseguenza, la capacità mondiale di stoccaggio ha raggiunto quasi l’80%. Oggi, ogni barile in più si aggiunge alla già massiccia sovreccedenza, contribuendo all’accumularsi di scorte colossali che non trovano acquirenti. Per i produttori di petrolio il risultato è drammatico.
Da qui la reazione da panico delle borse. Fa paura pensare che se compri un barile di petrolio ti pagano purché lo porti via. E’ l’economia a rovescio, ha scritto qualcuno. Così come a rovescio appare il fatto che alla pompa la benzina non calerà più di tanto. Ma questo è un altro discorso.
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