Commercio internazionale, criptovalute e tassazione digitale: temi in discussione a Buenos Aires nell’ambito del G20, che direttamente o indirettamente passano – come mai prima dell’amministrazione Trump – necessariamente per gli Usa.
Il commercio è probabilmente il tema più controverso a causa della riluttanza dell'amministrazione Trump ad abbracciare accordi multilaterali e degli sforzi messi in atto per riequilibrare il commercio globale a favore degli Stati Uniti. I dazi Usa sulle importazioni di acciaio e alluminio hanno infatti monopolizzato quasi per intero le conversazioni tra le delegazioni del G-20, la maggior parte delle quali hanno affermato che le misure statunitensi minacciano il commercio multilaterale basato su regole.
Ma la riunione di Buenos Aires si era proposta anche una deliberazione riguardante la regolamentazione delle criptovalute, che preoccupano i governi per la loro volatilità e il potenziale uso del riciclaggio di denaro e dell'evasione fiscale. Ma anche su questo fronte sono emerse differenze di approccio tra i paesi membri. E se fonti di diverse delegazioni hanno anticipato infatti che non verranno prese misure specifiche in questo senso durante questa sessione di lavori, a margine del summit si è sviluppato un nuovo braccio di ferro tra Venezuela e Stati Uniti.
I Petro, le Criptovalute emesse dal governo venezuelano e ancorate al prezzo del petrolio, hanno chiuso infatti la prima fase di emissione (con gettoni digitali scontati e riservato solo ad alcuni investitori) e aperto la seconda, che durerà fino a "esaurimento scorte" e sulla quale può investire chiunque (o quasi).
I Petro, quindi, entrano effettivamente in circolo e a breve si potrebbe avere qualche elemento in più sulla performance della criptovaluta. Al momento, le premesse non sono esaltanti. Caracas ha varato una promozione serrata, invitando a partecipare a uno strumento "rivoluzionario" e lanciando l'hashtag #ElPetroFuturoDeTodos.
Ma gli Stati Uniti, a poche ore dall'inizio dell'Ico, hanno imposto ai propri cittadini e alle proprie imprese il divieto di acquistare Petro. Una mossa che spiazza il presidente Nicolas Maduro, che aveva avviato il progetto proprio per aggirare i vincoli americani: visti i rischi cittadini e istituzioni Usa non possono acquistare obbligazioni emesse da Caracas. E le Criptovalute sono viste proprio come uno strumento alternativo per reperire risorse (destinate per il 45% a "progetti petroliferi", "sviluppo dell'ecosistema" e "sviluppo tecnologico").
La scelta di Trump, che nello specifico proibisce "qualsiasi valuta digitale emessa da o per conto del governo venezuelano", ha ricevuto la risposta piccata di Maduro. Il presidente, "per conto del governo e dell'eroico popolo venezuelano, respinge e condanna con forza le nuove sanzioni unilaterali". Il Venezuela ha definito l'ordine esecutivo della Casa Bianca "una nuova aggressione imperialista" e "una cospirazione". Il governo torna poi a difendere il progetto, definendo i Petro "un meccanismo economico rivoluzionario che permetterà al paese di rompere i legami con il dollaro".
L'obiettivo resta "rendere il Petro una delle criptomonete più solide e affidabili al mondo". La comunicazione si chiude con un motto impensabile fino a qualche mese fa: "Con il nostro Popolo e il Petro, Vinceremo!".
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