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Immagine del redattoreAntonio Arricale

Corsivo / TRA ALTI E BASSI LE CRIPTOVALUTE ALIMENTANO NUOVI SOGNI MILIARDARI

Aggiornamento: 16 mag 2018

Tra alti e bassi (questi ultimi più dei primi, ultimamente) le criptovalute continuano a tenere acceso un dibattito da tifo sportivo. Da una parte gli economisti, in particolare gli accademici, che non perdono occasione per sparare alzo zero sulle valute virtuali, di cui mai si evita di mettere in guardia gli ignari speculatori retail dallo scoppio della bolla prevista sempre dietro l’angolo; dall'altra investitori innovativi e traders, sempre più convinti che il futuro degli scambi commerciali risieda proprio nelle valute virtuali ed in particolare nella tecnologia (la blockchain) che ne è alla base. Insomma, da una parte chi sostiene che la "moda" sia già tramontata, dall’altra chi sostiene che il bello debba ancora arrivare.

Invero, il dibattito sulle cripto è molto più articolato e coinvolge inevitabilmente, per gli innumerevoli risvolti che ad esso si accompagnano, governi, banche centrali, banche d’affari, investitori istituzionali, traders, hackers, truffatori e via discorrendo.

Così può capitare che, mentre la giornata di contrattazione si avvia a registrare un’altra battuta di arresto (la stragrande maggioranza delle circa due mila criptovalute registrate da Investing.com evidenzi una variazione di prezzo negativa media di tre punti percentuali rispetto a ieri) non possano passare inosservate due notizie fresche fresche.

La prima riguarda la previsione di una società di ricerca – la Fundstrat - secondo cui il Bitcoin nel 2019 arriverà a quotare il prezzo di 64 mila dollari (attualmente – come si sa – il prezzo fatica a tornare nuovamente sopra i 9 mila (al momento in cui scrivo è poco sopra gli 8 mila 500). Un balzo stratosferico che – senza necessariamente addentrarci negli aspetti tecnici – sarebbe legato alla crescita dell’attività di mining (estrazione), dunque al consumo energetico e alla risoluzione di sempre maggiori e complesse equazioni matematiche.

La seconda, invece, ruota intorno all’ipotesi che saranno, infine, le banche centrali – Fed e Bce, in primis – ad impiegare massicciamente le criptovalute per imporre al mercato tassi di interesse negativi. In quest’ultimo caso l’ipotesi di scuola è contenuta nell’ultimo report di Morgan Stanley.

E anche qui tralascio gli aspetti tecnici, dal momento che quello che appare più importante annotare – mi pare, alla luce di queste notizie – è soprattutto l’aspettativa di stratosferici guadagni che in ogni caso esse ingenerano sul mercato e sugli investitori. E non soltanto tra i piccoli speculatori, ma anche tra gli squali.






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